TESTIMONIANZA
Entendarte
Il grande lavoro di Nicola
Testimonianza di Novembre 2024 – La testimonianza di Nicola che, a Maputo, ha lavorando instancabilmente con Soares e Omar per migliorare le attività del progetto Entendarte con i bambini e ragazzi
“La fase finale si contraddistinguerà attraverso una percezione indiscutibilmente personale del tempo, si avrà la necessità di trattenerlo quanto più possibile, in modo tale che possa scorrere con fatica, che quell’ultimo saluto possa tardare ad arrivare. Quella terra di colore rosso e tutto quel movimento appariranno come indispensabili. La consapevolezza che da lì a poco tutto quello andrà svanendo, sarà l’unica nota dissonante di una sinfonia irripetibile.
L’attività svolta a Maputo ha superato sicuramente ogni tipo di aspettativa. C’è stato da lavorare, e non poco, ma non c’è stato giorno in cui io mi si sia sentito stanco. Sarà il condizionamento implicito trasmesso da una cultura che è sempre in movimento, da persone che non possono stare ferme perché nulla è regalato, o l’effetto di chi porta ancora gli strascichi del passato nella propria memoria; che rende ogni passo simbolo di libertà, di una libertà conquistata.
Il tempo di riaprire gli occhi ed erano passate circa quattordici ore, ero in un luogo tanto diverso nell’apparenza, ma tanto simile nel profondo. In superficie tutto ciò che mi circondava era differente, le strade in terra battuta, le case con i tetti in lamiera, il comportamento delle persone, lo sguardo con cui venivo accolto. Non c’è stato giorno in cui non mi sia sentito parte di una comunità, nonostante io credessi di non farne davvero parte. Ho sempre percepito di essere componente di quell’ambiente e l’aspetto più bello è che mai nessuno mi ha messo in condizione di ricredermi.
Mi chiedo se, nel mio paese d’origine, una persona nella mia stessa condizione potrà mai provare le sensazioni di accoglienza che ho potuto sperimentare, mi chiedo tanto riguardo ciò, ma questa è un’altra faccenda. C’erano delle parole che venivano costantemente ripetute, non so se per abitudine o, con maggiore probabilità, per la loro profonda radice nella cultura sociale, erano ‘estamos juntos’, che in italiano significa ‘stiamo insieme’. Ho sempre avvertito un meraviglioso senso di comunità e non ho mai avuto la sensazione di essere solo. Che fossi a casa, immerso nella continua e necessaria scoperta della cultura, oppure nel pieno delle attività lavorative, non ho mai provato nessuna sensazione riconducibile alla solitudine.
Il lavoro è stato sicuramente un aspetto fondamentale ed è esattamente quello che racconto e ricordo con maggiore entusiasmo. Ho avuto modo di affiancare Soares e Omar nelle attività di Musicoterapia, abbiamo lavorato intensamente cercando di soddisfare tutti gli obiettivi preposti. Non c’è stato giorno in cui non siamo riusciti a fare un passo avanti, avevamo così tanta necessità di progredire che nessuna forma di malessere poteva essere d’intralcio, anche l’errore si trasformava magicamente in un pretesto per avere un confronto.
Ho avuto modo di lavorare con loro per due mesi, il tempo necessario per fare una supervisione specifica di tutte le persone coinvolte nei trattamenti di Musicoterapia e di organizzare, insieme, il lavoro nel migliore dei modi per quella specifica condizione e per quel determinato momento. C’è stato un continuo coinvolgimento contraddistinto da uno scambio autentico, privo di interessi personali, tanto negli aspetti lavorativi quanto in quelli artistici.
Abbiamo suonato molto, sia durante le attività di Musicoterapia sia per il puro piacere di farlo, unendo il dialogo ritmico della musica mozambicana con l’espressività della musica italiana.
Ho suonato con loro nel giorno in cui si celebra la rivoluzione del Mozambico, abbiamo suonato insieme diversi brani, anche quel brano italiano che rimanda alla memoria la più importante rivoluzione dal nostro paese nel suo periodo più difficile. Sebbene il brano fosse noto a molti, in pochi ne conoscevano il vero significato. È davvero significativo quanto la musica possa fungere da ponte tra culture diverse e momenti storici cruciali. La fusione di elementi della musica mozambicana e italiana non solo arricchisce l’esperienza musicale, ma crea anche uno spazio per il dialogo e la comprensione reciproca.
Suonare insieme per celebrare la rivoluzione del Mozambico è stato un momento di grande intensità e significato, che ha unito le memorie e le lotte di entrambi i paesi.
Negli ultimi giorni di attività, fra le mura dell’Associazione Machaka, veniva costantemente ripetuto il mio nome, che in changana, significa “sto qui”, probabilmente per contrastare e ridimensionarne gli effetti di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto. È stata la sintesi di oltre sessanta giorni in cui mi sono sentito vivo, in cui ho potuto vedere e sperimentare la vita per quello che dovrebbe essere. Maputo è un luogo ancora intatto, lontano dalla sovra-stimolazione alla quale noi europei siamo assuefatti, nei quartieri di Maputo la vita prende forma con poco, ma risulta essere molto più ricca di quanto si possa immaginare.”
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[ A.G.A.P.E. MOçAMBIQUE ]
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